Giovedì, 01 Settembre 2022 08:44

L'aumento dei prezzi dell'energia (aggiornamento) In evidenza

Nel precedente post di dicembre 2021 abbiamo analizzato i motivi degli aumenti delle bollette dell'energia elettrica, a partire dai una analisi dei prezzi di mercato dell'energia elettrica e del gas.

Rispetto ad allora, la guerra in Ucraina ha ulteriormente accentuato le dinamiche di prezzo che si erano già manifestate lo scorso anno. In sintesi, il prezzo dell'energia elettrica per l'Italia (ma anche per la Francia o la Germania) con le regole di mercato attuali è determinato dal costo di produzione delle centrali a gas, che sono indispensabili per soddisfare la domanda complessiva di energia elettrica. Da un lato, le forniture di gas dalla Russia, normalmente un terzo del totale dei consumi europei, sono significativamente diminuite. Dall'altro lato, la commissione europea ha imposto un obiettivo di riempimento dei sistemi di stoccaggio del gas all'80% della loro capacità, per garantire una riserva strategica in caso di interruzione completa delle forniture dalla Russia durante il prossimo inverno.

Di conseguenza la tensione tra domanda e offerta sul mercato europeo del gas è ulteriormente aumentata, e così il suo prezzo, salito ben oltre i 200 €/MWh, cioè dieci volte tanto il prezzo medio del periodo 2010-2020

(fonte: GME)

Il mercato elettrico si è mosso di conseguenza, raggiungendo livelli mai visti prima:

si consideri che il rendimento di un impianto di generazione a gas è circa del 50%, quindi il costo del combustibile per generare 1 MWh elettrico è il costo di 2 MWh di gas, a cui poi vanno aggiunti gli altri costi di esercizio e di investimento dell'impianto. Pertanto, il costo di 1 MWh di energia elettrica è un po' più del doppio di quello di 1 MWh di gas.

Il costi della materia prima energia nelle bollette con tariffa legata al PUN segue questo andamento, con un certo ritardo perché la bolletta viene inviata a consuntivo uno-tre mesi dopo l'effettivo consumo, a seconda dei tipi di contratto, quindi il prezzo della bolletta che pago a settembre si riferisce in realtà ai prezzi di maggio-giugno-luglio.

La situazione è ormai chiaramente insostenibile. Per avere un'idea, il consumo complessivo annuale di energia elettrica in Italia è circa 330 TWh. Al prezzo medio di settembre, il costo complessivo sarebbe 200 miliardi di €, pari circa il 10% del PIL.

A fronte di questa emergenza, che non coinvolge solo l'Italia ma anche altri grandi paesi europei, in primis Germania e Francia che dipendono dal gas per soddisfare la loro domanda di energia elettrica.

Da notare come il prezzo nei paesi scandinavi sia rimasto contenuto grazie ad un mix energetico decisamente spostato sulle fonti rinnovabili rispetto quello italiano.

La commissione europea ha finalmente preso atto della situazione (vedi tweet della presidente von der Leyen) e sta studiando una riforma delle regole del mercato elettico per disaccoppiare in qualche modo il prezzo dell'energia prodotta a partire dal gas, che è circa un terzo del totale su base europea, rispetto a quello prodotto da altre fonti, che è rimasto all'incirca invariato. L'annuncio è che le nuove regole saranno pronte entro fine anno.

A prescindere dalla riforma del mercato elettrico europeo prossima ventura, l'unico modo sicuro, ambientalmente sostenibile e alla portata dei comuni cittadini per uscire da questo girone infernale è diventare produttori della propria energia mediante impianti di generazione rinnovabili, sganciandosi dalla dipendenza dal mercato drogato delle energie fossili, contribuendo nel contempo alla riduzione delle emissioni climalteranti di CO2. Due piccioni con una fava.

La prima modalità per ottenere questo scopo è installare un impianto fotovoltaico sul tetto di casa. Indicativamente, un euro investito in un impianto FV di piccola taglia porta ad una produzione tra 0.5 e 1 kWh all'anno. Considerando che il 50% del costo dell'impianto è detraibile dall'IRPEF in 10 anni, con un euro effettivamente speso si producono 1-2 kWh all'anno. Con i prezzi attuali attorno ai 500 €/MWh, ovvero 50 c/kWh, il valore della produzione permette di rientrare dall'investimento in uno-due anni (!). Anche nell'ipotesi che i prezzi scendano a livelli più ragionevoli nei prossimi mesi/anni, i tempi di ritorno dell'investimento resteranno comunque ampiamente inferiori alla durata di tali impianti, 25 anni e oltre.

Un secondo strumento disponibile è la tariffa prosumer di ènostra. Sul web è disponibile sia un breve video che un testo di presentazione. In questo caso si diventa soci della cooperativa e si versa una quota di capitale di 0,7 € per ogni kWh/anno di consumo. Ad esempio, se consumo 3000 kWh all'anno, occorrerà investire 2100 euro. Questo capitale viene impiegato per costruire impianti ad energia rinnovabile (eolico, fotovoltaico, idroelettrico) il cui costo è in larga parte dato dall'investimento iniziale di costruzione, con un modesto costo annuale di esercizio e senza bisogno di impiegare combustibili fossili con prezzi legati a mercati soggetti a dinamiche speculative. Il prezzo dell'energia in bolletta è quindi determinato in buona parte dal costo di ammortamento dell'impianto. A questa va aggiunta una quota di prezzo dovuta a servizi di rete che è proporzionale al PUN; normalmente questa quota ha un costo marginale, ma con i prezzi attuali influisce per alcuni c/kWh. L'offerta attuale di ènostra per l'energia consumata in tariffa prosumer entro il limite di kWh annuali corrispondente al capitale versato è di 12,1 c/kWh, ovvero 121 €/MWh. Il prezzo puo' essere rivisto anno per anno, ma non è sottoposto alle fluttuazioni dei mercati energetici se non per la piccola quota dipendente dai servzi di rete. Il capitale rimane vincolato per 12 anni, tempo di ammortamento dell'impianto, e viene restituito al termine del periodo di vincolo; nel caso che la cooperativa chiuda i bilanci con un utile, questo potrebbe essere in parte distribuito in forma di ulteriori sconti in bolletta a remunerazione del capitale versato.

Il terzo possibile strumento introdotto dalla recente legislazione è quello delle comunità energetiche. In questo caso due o più consumatori si associano per costruire impianti collettivi su base locale, nello stesso condominio o sotto la stessa cabina di trasformazione ad alta tensione. Il capitale può essere fornito dai soci, o da un partner finanziatore, a cui sarà dovuto un canone, o da un finanziamento a fondo perduto (ad esempio il PNRR per comuni sotto i 5000 abitanti). L'energia prodotta viene condivisa virtualmente, nel senso che non è necessario tirare fili tra questi impianti e le utenze dei soci della comunità, ma si ricorre a partite di giro e compensazioni di tipo contabile. In sintesi, i soci mantengono il proprio contratto di fornitura e pagano tutta l'energia che consumano al proprio venditore, al prezzo contrattuale pattuito. La comunità energetica vende tutta l'energia prodotta al GSE in ritiro dedicato, o ad una qualunque società di vendita (ad esempio ènostra oppure Dolomiti Energia), al prezzo di mercato, in pratica il PUN. Inoltre, per la quota di energia che viene autoconsumata istantaneamente dai soci, viene erogato alla comunità energetica un contributo aggiuntivo di 11 c/kWh ((in base alla attuale normativa sperimentale, in attesa di ridefinizione con i decreti attuativi della nuova legge attuativa della direttiva europea RED 2). La comunità energetica puo' poi suddividere gli introiti tra i soci come ritiene più opportuno.

Lo scenario più semplice è quello in cui i soci hanno un contratto di fornitura in cui il costo della materia prima energia è dato dal PUN e versano un capitale proporzionale al loro consumo. In questo caso, ogni kWh prodotto dalla comunità e autoconsumato istantaneamente dai soci genera un flusso di cassa pari al costo della materia prima energia in bolletta, maggiorato di un incentivo di 11 c/kWh erogato dal GSE, che all'incirca compensa tutte le altre componenti di costo della bolletta. Se la comunità energetica ripartisce gli introiti tra i soci in base ai consumi, ogni socio riceve una somma per ogni kWh autoprodotto e autoconsumato collettivamente che è circa pari a quanto ha pagato lo stesso kWh in bolletta, annullandone la spesa. E' quindi come se avesse installato un impianto sul proprio tetto, con il vantaggio che puo' farlo anche se non ha un tetto a disposizione, e che la maggior taglia degli impianti collettivi rispetto a quelli individuali porta ad un costo per kW installato decisamente inferiore. Ovviamente questa situazione ideale richiede che l'intera produzione dell'impiant venga autoconsumata istantaneamente dai soci; per la quota non autoconsumata, i soci riceveranno una compensazione inferiore, mancando l'incentivo di 11 c/kWh. I soci devono quindi organizzarsi, possibilmente modificando le proprie abitudini di consumo, in modo da autoconsumare quanto più possibile l'energia generata dall'impianto collettivo.

La comunità energetica può poi decidere a sua discrezione dei criteri di ripartizione degli introiti differenti da quello sopra descritto, possibilmente anche con finalità sociali. Ad esempio, puo' destinare una parte degli introiti a soci in situazione di povertà energetica, o prevedere una diversa remunerazione del capitale investito e dell'autoconsumo, secondo criteri che puo' stabilire liberamente nel suo statuto.

Il secondo e il terzo strumento richiedono una azione collettiva. L'associazione CO-Energia ha come finalità la promozione di questo genere di iniziative (fare insieme quello che non si può fare da soli) ed è a disposizione per aiutarvi e orientarvi nella vostra scelta.

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